Venerdì, 14 Marzo, 2014 - 20:45

La mia classe 

Regia: Daniele Gaglianone Con: Valerio Mastandrea - Bassirou Ballde - Mamon Bhuiyan - Gregorio Cabral - Jessica Canahuire Laura -Metin Celik - Pedro Savio De Andrade - Ahmet Gohtas - Benabdallha Oufa - Shadi Ramadan Anno: 2013

Ambientata nel quartiere multietnico del Pigneto a Roma, è la storia collettiva di una classe di emigranti e stranieri che imparano l’italiano. È una storia che si compone delle vicende individuali degli studenti e dell’insegnante: un racconto vero che nasce tra mura scolastiche non convenzionali. Un racconto vero? Certamente per le voci e i ricordi dei ragazzi che siedono sui banchi; diversamente vero per l’attore Mastandrea che si cala nel ruolo del loro insegnante; altrimenti vero per il regista e la troupe che entrano ed escono di scena in un incrocio di esperienze reali e di ricerca della verità nella finzione che si rivela essere l’autentico nucleo narrativo di questa storia. Più vera del vero.

Un attore impersona un maestro che dà lezioni a una classe di stranieri che mettono in scena se stessi. Sono extracomunitari che vogliono imparare l'italiano, per avere il permesso di soggiorno, per integrarsi, per vivere in Italia. Arrivano da diversi luoghi del mondo e ciascuno porta in classe il proprio mondo. Ma durante le riprese accade un fatto per cui la realtà prende il sopravvento. Il regista dà lo "stop", ma l'intera troupe entra in campo: ora tutti diventano attori di un'unica vera storia, in un unico film di "vera finzione". 

È un film che può spiazzare più di uno spettatore quello che Daniele Gaglianone ha deciso di dedicare al sempre più complesso tema dell'integrazione dei cosiddetti extra-comunitari. Perché sin dall'inizio, quando vediamo 'microfonare' (come si dice in gergo) gli studenti del corso veniamo volutamente disorientati. Pronti come siamo a vedere un film di finzione siamo costretti ad accorgerci che la finzione c'è ma è tutta concentrata nel sempre più bravo Valerio Mastandrea che 'fa' il docente. Tutti gli altri sono veri immigrati ognuno con i propri problemi e le proprie aspettative. Gaglianone ha deciso di puntare tutto su questo doppio registro quasi ci volesse ricordare da un lato l'impotenza del cinema nell'affrontare e risolvere problematiche che lo superano e dall'altro la necessità, per chi il cinema lo fa, di non sottrarsi mai alla realtà per rifugiarsi in un mondo in cui l'autoreferenzialità rischia di fagocitare tutto. 
Qui non si recita Shakespeare come nel carcere dei Taviani ma si mette in scena il proprio vissuto che talvolta entra in gioco al di là delle battute concordate e che vede a un certo punto Mastandrea diventare davvero qualcosa di diverso rispetto all'attore che interpreta un personaggio. Ha ragione Gaglianone quando afferma che solo lui, tra gli attori, poteva entrare in un ruolo così particolare offrendogli, potremmo aggiungere, non solo la sua professionalità ma anche la sua umanità senza però farsi travolgere dalla complessità dell'operazione. 
Con lui non sai mai quanto stia seguendo un copione o quanto stia invece offrendo al film la propria partecipazione di uomo (e ora anche di padre) consapevole della necessità di offrire alle giovani generazioni, non importa di quale razza o religione, un futuro meno cupo di quello che sembra attenderli.

 

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